Di cosa siamo fatti? DAS o Pongo?

Das o Pongo? Da bambini avevamo due modi per costruire con le mani: il Das e il Pongo. Il Das era un blocco unico, una mattonella da lavorare, intagliare e modellare, fino a darle una forma, che una volta asciugata, sarebbe stata solida e immutabile. Poteva spezzarsi, non modificarsi. Era grigio chiaro, un colore neutro per cui potevi dipingerla di qualsiasi tinta.
Il Pongo era una plastilina morbida, che difficilmente si asciugava. C’erano già tanti bastoncini di colori diversi e da ciascuno potevi prelevare i pezzetti che volevi e costruire nuove forme. Non avevano bisogno di asciugarsi e sarebbe bastato scaldarle per poterle modificare.
Steve Jobs aveva la mania dell’essenzialità. Lui toglieva. Se avete un Mac saprete che ha un numero sempre più ridotto di porte di collegamento. Adesso sono quattro e tutte uguali. In futuro forse nessuna. Molti scrittori fanno la stessa cosa: prima stendono un testo e poi rileggendo tolgono tutto quello che non serve. Esattamente come Michelangelo, partono da un blocco unico, come i bambini con il DAS, e tolgono. Proprio come faceva Silente nel suo pensatoio, quando sfilava i pensieri per lasciare più libera la sua mente. Toglieva per lasciare l’essenziale, ciò che serve. Così forse nascono molte opere d’arte, immutabili nel tempo.
Viviamo tuttavia in un mondo che porta a cambiamenti molto rapidi. Di pensiero, di azione, di stile di vita. Se oggi vuoi ottenere un buon posizionamento sulla lista di Google con i tuoi articoli, devi scriverne uno principale a cui aggiungere continuamente nuovi elementi e nuovi collegamenti. Volendo, quell’articolo, non finirà mai. Quando ti sposavi in passato, sapevi che avresti trascorso tutta la tua vita con quella persona. Avevi un punto di riferimento. C’era la Chiesa a guidare il pensiero religioso e quello spirituale delle persone, a dare indicazioni su cosa fosse bene e cosa male. C’erano dei partiti politici con persone tendenzialmente coerenti nel manifestare i propri pensieri. C’era una tendenza al DAS da cui togliere l’in-più.
Poi la condivisione della conoscenza, l’evoluzione del pensiero, la mutazione continua fino a oggi. Il Pongo. Le famiglie si allargano, si restringono, diventano mononucleari: una persona da sola non è una famiglia. La Chiesa ha subito il processo di secolarizzazione sospinta da una scienza così potente, da essere volutamente negata da chi non ne sopporta lo sfruttamento a fini politici, o economici. Perché la scienza ora è il potere e tanti hanno cercato di detenerne i numeri. Perché i numeri sono Pongo, si possono modellare, si possono prelevare e attaccare tra loro per far vedere ciò che si vuole. Esattamente come le parole, di cui i media sono diventati portatori fino all’avvento dei blog e dei social. Ci siamo abituati alla spettacolarizzazione di Mani Pulite, poi della nuova politica, che oggi vede l’esaltazione della personalità, più che della competenza, di chi è disposto a esporre tutto il pelo sullo stomaco necessario. Personalità aperte al pubblico giudizio sul palco dell’informazione, disposte a vivere in un Grande Fratello televisivo. Una esposizione completa, dove si utilizza la personalità, la propria famiglia, il proprio credo, per mutare pensieri e parole a seconda delle tendenze del momento. Proprie parole da contrastare se necessario, purché la personalità trionfi.
Pongo.
Quello dove metti insieme i pezzi colorati già preparati.
Alla fine, ci siamo abituati. Il non luogo del social è il posto ideale per la personalità di ciascuno. Ciascuno può esprimere il proprio essere DAS o essere Pongo. Tutti a far spettacolo, a condividere spettacolo, a vivere con leggerezza quei pochi minuti al giorno di social connessione.
Fino a quando una sera arriva qualcosa che tutto blocca.
Persone, azioni, relazioni.
Si fermano i pensieri per chi vede morire i propri cari.
Si fermano per chi vede morire medici e infermieri sani, nel giro di un mese.
Per chi, a casa, dopo un po’, non ha i soldi per pagare.
Non per tutti, per pochi; per ora.
Non si ferma il Pongo della personalità. Così anni di Masterchef della personalità, trovano risposta in una profusione di abilità culinarie inattese, in protagonismo dinamico domestico, in condivisione di canti, balli, urla e vitalità di tanti uccellini Titti chiusi in gabbia, lontani dalle insidie di un Silvestro invisibile.
Oltre la danza delle personalità, si scatena quella delle opinioni. Chiusi gli stadi e ridotti i gossip televisivi, le opinioni si spostano sul fenomeno di cui nessuno riesce a capire la portata. Di nuovo DAS e Pongo.
E si scatenano. Dagli alieni, ai servizi segreti, dalle onde elettromagnetiche, ai laboratori segreti, dall’economia del controllo, al controllo dell’economia.
Vittime del potere dell’informazione.
Vittime del Pongo, terrorizzate dal DAS.
Vittime dell’inaffidabilità dell’informazione, terrorizzate dall’idea del totalitarismo informativo. E magari politico.
Che ringraziano la scienza, che ricusano la scienza; che ringraziano la politica e ricusano la politica. Che hanno paura e come nella migliore zattera di Oceano Mare, si aggrappano alla morte altrui per sopravvivere. Uccidono per non morire. Di noia.
Taluni pensano: «non ci hanno detto tutto, è molto più grave, è nell’aria, è ovunque.» Altri pensano: «ci stanno prendendo il giro, non è niente di grave, ma lo usano come scusa per imporci maggiore controllo.» In mezzo ai due elevati pensieri, miliardi di persone che non sanno cosa credere. E soprattutto a chi.
DAS e Pongo, DAS e Pongo.
Definito per sempre, o modificabile per sempre?
Abbiamo rinunciato a delle libertà, per averne di altre, di nuove.
Usiamo i navigatori satellitari, che ci permettono di non sfogliare una carta geografica per capire quali strade percorrere. Vogliamo essere sempre raggiungibili, ma non vogliamo che traccino i nostri spostamenti.
Vogliamo usare gratuitamente sistemi informatici estremamente avanzati, fruire del web e del social; ma non vogliamo che facciano pubblicità mirate ai nostri interessi manifesti.
Vogliamo dire la nostra opinione, esprimere la nostra personalità, ma mantenere l’anonimato.
Vogliamo organizzazione in caso di emergenza, ma poter evitare di rispettare le regole, quando decidiamo essere inadeguate.
Vogliamo viaggiare per il mondo, ma non che il mondo viaggi verso di noi.
Vogliamo gente forte al potere, ma che sia eliminabile quando esagera.
Vogliamo vivere emozioni intense, ma avere la forza di astrarci equanimi davanti alle scelte più difficili.
Vogliamo vivere in dittatoriale democrazia, ma non vogliamo una democrazia dittatoriale.
Vogliamo acquistare prodotti alimentari fuori stagione, ma che sian ben maturi, mi raccomando.
E cosa dire dei prezzi? Devono essere bassi, ma i prodotti di qualità.
E vogliamo novità, ma senza doverle comprare.
La storia dell’uomo ci racconta delle sue alterne vicende. Io sono nato lontano dall’ultima guerra mondiale e ho sempre vissuto nella speranza di non vivere la successiva con la mia famiglia. Una speranza che non voglio abbandonare. Eppure di guerre democratizzanti, ne ho viste da quando sono bambino. In tv. E non erano tutte lontane, la Yugoslavia è stata a meno di un’ora di auto da casa. Vogliamo la pace tra i popoli, ma che non si provino a tenersi le loro mascherine quando servono a noi!
Ho visto persone ormai ottantenni, risparmiare tutto per il benessere dei figli. Ho conosciuto giovani madri che non potevano andare con i figli in vacanza, perché avevano appena speso mille euro per il proprio nuovo cellulare.
Ho visto noi, esattamente come tutti gli altri. Vittime e carnefici del mito della personalità, esprimersi attraverso la volontà.
Ho come una sensazione.
Che il problema sia in ciò che vogliamo. E non nella sua manifestazione. E non è vero che, in fin dei conti, ci accontentiamo. In fin dei conti, vogliamo. Il problema è altro.
Che noi vogliamo avere, non essere?
No.
Che noi vogliamo essere tramite l’avere.
Vogliamo il DAS che non si asciuga mai e il Pongo più solido di sempre.

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