Il successo? Un progetto di vita incomprensibile

La chiave del successo?

Ci parlavano di uscire dalle regole.

Fatto.

Di rompere gli schemi e aprire la mente.

Fatto.

Di avere un pensiero laterale.

Fatto.

Adesso che siamo nell’epoca della trasformazione, in cui i valori son secolarizzati e gli status symbol sempre meno appaganti, adesso che le emigrazioni avvengono con lo smartphone e il protagonismo di ciascuno di noi ha la sua social-cassa di risonanza, adesso dico… Adesso: dove stiamo andando?

Le multinazionali acquisiscono giovani pensieri e giovanissime aziende per centellinare annualmente l’innovazione.

Le persone hanno nuovi timori, nuove insicurezze cui appigliarsi in caso di quotidiano benessere.

Gli animali vedono riconosciuta sempre più la loro anima, mentre tendiamo a rinunciare all’idea di valorizzare la nostra.

Viviamo in uno scenario catastrofico, o al contrario stiamo andando verso una vera evoluzione di pensiero?

Da ragazzo pensavo all’importanza del benessere, come elemento fondante della nostra società. Per essere dovevi avere. Per avere devi possedere. Per possedere devi essere. Il cerchio si chiudeva e buonanotte all’intelletto.

Poi sono arrivati i figli e ai figli servono valori. Altrimenti li trovi disinteressati, disillusi, distesi. Possibilmente sul divano. E smartphone, grazie. E tu? Con loro, il divano è grande.

I valori son quella cosa il cui etimo ti ricorda a gran voce che: valore significa “disporre della forza”. I valori danno forza?

No: i valori danno la forza: di volontà (voglio alzarmi dal divano), di decidere (voglio ottenere un risultato), di mantenermi concentrato (perché distrarsi è un attimo), di ottenere ciò che voglio.

Fantastici i valori, i valori risolvono tutto!

Ma… Ma cosa voglio veramente?

Davvero ho le idee chiare su ciò che voglio?

Il benessere economico? I soldi?

Quello è stato spiegato molti anni fa dal paradosso di Easterlin, che dimostrava in modo matematico, come la variazione della ricchezza offra un benessere poco duraturo e che comporti sempre un decadimento della felicità.

Il benessere dato dal successo?

Effimero, come i soldi. Quanti personaggi famosi son felici e quanti tormentati e depressi? Ecco, appunto, effimero.

Il benessere psicologico?

Per quanto uno possa aggirarsi beato tra la gente, viviamo di relazioni e per detenere un vero benessere psicologico dovremmo essere dei sociopatici, escluso perché esistono persino i social, o essere sempre circondati da persone felici. E come vivremmo in un mondo di beati giulivi? Come nel film The Truman Show: desiderosi di fuggire via, proprio come il protagonista.

Allora quello spirituale, dai, mi resta il successo spirituale.

Religioni? La religione è una via, importante. Una via che prima o poi ti chiede di guardare dentro te.

Allora una vita yogica, come l’asceta perfetto?

Difficile che l’asceta perfetto sia in pace reale e assoluta con se stesso. Perché cerca la perfezione. E quando decide di averla trovata, dice a se stesso che è puro Maya, illusione. Se poi fossimo tutti asceti perfetti, il mondo si fermerebbe. Perché ricordiamoci che il nostro mondo è consumista, si basa sullo scambio frenetico delle merci. Con la globalizzazione, libero e frenetico scambio delle merci. E non pensare di esserne fuori, altrimenti non potresti leggere queste parole.

Allora… Allora non c’è scampo?

Sembra, dice la scienza e Einstein già proclamava, che la vita sia il risultato di qualcosa di estremamente matematico. E come tale, in armonia.

La nascita della nostra vita, l’intelletto, il pensiero, tutto sia riconducibile a formule matematiche. Che ovviamente io non sono in grado di comprendere. Però comprendo che la matematica possa essere un linguaggio, uno strumento equilibratore. Sembra sia il linguaggio usato da Dio per darci la vita.

Se ti senti molto piccolo davanti a questi ragionamenti, siamo in due, anzi siamo in sette miliardi di persone e noi due a sentirci piccoli davanti all’universo, al Big Bang, a questo tempo che dicono sia una cosa che si muove e non una retta come vorremmo immaginarlo: è perché mi sento così piccolo che mi permetto di utilizzare la parola Dio.

Quindi…

Quindi se fosse vero, se questo discorso fosse vero, allora tutto avrebbe di nuovo un senso. La vita avrebbe un senso. Che non capiamo e che forse non capiremo mai, tuttavia avrebbe un senso.

Quindi potrei cogliere elementi positivi da tutto ciò che mi accade?

Perché no?

Potrei muovermi su più piani in contemporanea? Tipo ottenere dei risultati come professionista, come padre, compagno di vita, figlio…

Perché no?

Insomma, potrei essere un direttore marketing capace, un ricercatore spirituale positivo e un vivace scrittore di romanzi?

Perché no?

Possiamo pensare che tutto sia sempre in movimento e che quindi si tratti sempre di cercare degli equilibri anche se precari e imperfetti, perché quella che ci sembra imperfezione della vita in realtà è disegno di qualcosa di più grande che non possiamo comprendere? E che il successo sia semplicemente esserne parte attiva?

Sì. 

E il libero arbitrio?

Di quello parliamo la prossima volta. Comunque sì, anche lui rientra in una armonia che non comprendiamo.

E come fai a saperlo?

Non lo so, per questo ci credo. 

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