Rolf e Lady mi hanno fatto da cuscino per molti anni. Mi sdraiavo sull’erba davanti casa, perso nei miei sogni a guardare le nuvole di passaggio. Gran belle nuvole, bianche, ricche di luce e piene di fantasia. Intanto i due terribili pastori tedeschi, quelli da cui si tenevano alla larga amici e postini, mi sorreggevano la testa senza batter ciglio. Ricordo di essermi addormentato più volte sulla pancia di Lady e lei non muoveva un muscolo. Pazientava lì.
Si davano il turno: mentre una faceva da umano-sitter, l’altro faceva il giro della casa. E viceversa. Insomma i temibili pastori, erano degli ottimi tutori.
Io guardavo le nuvole. E sognavo.
Ho sempre avuto con me questo elemento creativo. Ho iniziato da bambino. Ero capace di fissare l’infinito e oltre, o una pagina di un libro (consiglio quelli scolastici, funzionano una meraviglia) e immaginare dialoghi tra persone, situazioni, sguardi e atteggiamenti. Discussioni e avventure. Il tutto senza muovermi. Potevo camminare per chilometri, guardare la televisione, disegnare su un foglio e vedere altro. Sentire gli odori, ricordare i sapori.
Un’infanzia ricca di immagini che non c’erano.
Così negli anni successivi mi resi conto che tutto questo vedere avrebbe dovuto manifestarsi in qualche modo. Esprimersi. Iniziai a scrivere, a disegnare, a suonare. Insomma a trasformare.
Questione di training. Ho sempre letto molto, perché mio padre non sarà stato un granché con le melanzane in orto, ma come seminava i libri per casa lui… Poi li raccoglieva e li divorava. E io? Io dietro! Via a imitarlo con romanzi che non capivo. E leggere ti allena, ti porta via. Lontano.
Appena superati i vent’anni c’era da capire come trasformare questo mondo parallelo in qualcosa di utile. Ho iniziato inventando pubblicità. Un po’ per tutti, un po’ a caso. Poi le agenzie di comunicazione, poi il marketing, poi le aziende di produzione, le consulenze, oggi.
Oggi faccio un mestiere diverso, dove la creatività è ridotta al minimo. Ho però il privilegio di godere della creatività del team, un gruppo di baldi e potenti giovani, vivaci, bravi e belli. Più passano gli anni e più i giovani li fanno belli, non so come sia ‘sta cosa…
E se non posso essere molto creativo a lavoro, che faccio?
Scrivo libri.
Romanzi, se posso. Lì i miei personaggi tornano a esprimersi, a dialogare, a vivere nuove avventure.
In realtà questa cosa l’abbiamo un po’ tutti. Questa fantasia che può diventare creatività. Solo che alla maggior parte di noi insegnano a dimenticare la prima parte. Ad abbandonarla per lasciar posto al pragmatismo, alla concretezza, alla pratica.
Eppure non c’è niente di più pratico nella vita della creatività.
Perché genera.
Se si possiede una istanza di conclusione.
Perché un romanzo non va solo iniziato. Va terminato. È nella natura del romanzo, come in quella della vita. Che tu la scriva, o la legga. C’è un inizio e una fine.
La creatività genera.
Spesso cose che prima non c’erano e a volte, cose che non ci sono mai state.
E davvero, cosa sarebbe l’uomo se non usasse la propria creatività in tutto ciò che fa? Nelle proprie aree di competenza, con i figli, trasformando difetti in confetti, o con gli amici, i compagni di vita, facendo rileggere i momenti difficili come nuove opportunità.
Cosa sarebbe la vita senza Mozart e Picasso? Senza Michelangelo e Dante. Senza chi interpreta le opere degli altri. Senza scienziati e inventori. Senza gente che imprenda. Che osi. Che cerchi.
La vita non sarebbe.
Senza, la vita non sarebbe.
La vita è un atto creativo. E noi ne siamo gli artefici in ogni più piccolo gesto quotidiano.