A volte ci riesco. Mi allontano per un istante e mi osservo intento a fare qualcosa. E da alcuni anni sorrido a me stesso. Quasi accondiscendente verso quest’uomo di cinquant’anni meno uno, tutto preso dal fervore della scrittura, o entusiasta davanti all’operato dei suo colleghi, emozionato per i risultati delle figlie (e non solo loro), innamorato della vita, dei suoni della natura, dei cieli e dei rumori della gente che passa.
Sorrido a quest’uomo che gioca come se fosse un bimbo, che si assume responsabilità senza timore, che rimane affascinato dalle parole degli altri che lo circondano. Che se ne frega di buona parte delle notizie dei telegiornali, perché ormai sa che la vita è altro e scorre a prescindere da chi la scandisce.
Ultimamente lo sto osservando con interesse, quest’uomo, che un po’ di muri, di sberle, di botte nei denti ha preso nei suoi quarantanove anni. E lo vedo cambiato. Ma sempre entusiasta.
Mi fa piacere per lui.
Sai cosa? Deve essersi reso conto che davanti avrà circa altri trent’anni, forse trentacinque. E, visto che i precendenti son trascorsi così velocemente, non intende far passare nemmeno un’ora della sua vita senza gustarla fino in fondo. Non perché debba far cose grandiose, ma per il solo gusto di apprezzare quell’ora in quanto tale. Vita.