Aspetto un cambiamento

Mi aspetto un cambiamento. Non so voi, ma da tutto questo, mi aspetto un cambiamento. Da parte di ciascuno di noi, comunque e a prescindere dalla nostra volontà. Yuval Noah Harari, uno storico israeliano, faceva notare come si siano accelerati i tempi e modi di reazione in modo esponenziale nell’affrontare una crisi sanitaria mondiale. Nel 1580 si sarebbero rivolti a un aiuto divino, o cure da indovino; negli anni ’20 sarebbero ricorsi a soluzioni poco efficaci con perdite di vita immense e già negli anni ’80, nel giro di due anni avevano capito cosa fosse un strano flagello chiamato AIDS. Oggi, dopo un anno, il mondo sta agendo per dare presto nuove soluzioni, grazie alla capacità di utilizzare e gestire le nostre informazioni. Se ci pensate, negli anni ’90 molte delle cose di cui sentiamo parlare oggi, potevano essere considerate fantascienza. Oggi sono realtà. Con buon pace di alcuni visionari come Musk, che pensa di trasferirsi su Marte, la maggior parte del mondo sta evolvendo grazie al lavoro di persone serie. Un cambiamento.
Sono queste persone che di nuovo stimolano il cambiamento. Cultura, scienza e competenza. Snobbate, semplificate, banalizzate. Cultura, scienza e competenza. Sono di nuovo loro i promotori del cambiamento di una società ormai mondiale. Di mentalità, sociale, economico. Magari nella gestione della nostra salute, che non ha solo una valenza estetica. O in una rinnovata fiducia nella scienza e non solo in quella tecnologia cui affidiamo la nostra vita: Facebook e Google. O nel fatto che scopriremo come sia più interessante prendersi cura degli altri, soprattutto i più vecchi e i più giovani, che rappresentano la storia sui cui costruire il futuro. Cultura, scienza e competenza lo faranno a prescindere dalla nostra volontà e da queste parole sul cambiamento.

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