L’attimo che trasforma

Mi ha sempre affascinato l’attimo che trasforma. Sai quando accade quel qualcosa che cambia una persona? Che poi, non è mica detto che sia un cambiamento improvviso. Magari è solo un inizio e poi il cambiamento avviene per gradi. Come quando decidi di tornare in forma fisicamente e inizi a mangiare con più attenzione, a muoverti, a dormire di più la notte. Ecco, ci sarà un attimo che fa scattare quella scelta. Conosco persone che avevano in mano il mestiere di avvocato e poi una mattina, puff, me li ritrovo a far gli insegnanti di sostegno. Così, come una missione. O altre che decidono di ritornare nella propria terra natale dopo decenni e rimanervi. O di partire, di andare a vivere in una comunità, o di non mangiare più carne.
Quell’attimo, quel momento, quello. 
É l’intuizione.
A vent’anni scrissi alcuni racconti dedicati all’intuizione. Adia, un bambino che voleva diventare un grande armatore; un musicante che cercava la melodia della vita in un garage imbottito, un uomo che scopriva di poter guarire i passanti. 
Confondevo l’illuminazione con l’intuizione. 
Ne “Il miglior Natale di sempre”, il protagonista decide di sacrificare tutto per regalare alla sua cittadina dei festeggiamenti natalizi senza precedenti e solo alla fine della novella, comprende li senso della vita. Il tutto senza alcuna illuminazione, solo pura intuizione.
Anche nell’ultimo romanzo in revisione, un giallo ambientato tra Udine e Palmanova, l’intuizione è protagonista. Questa volta in modo meno sfacciato e più intimista, ma c’è.
Perché alcuni di noi sono così dipendenti dalle proprie intuizioni? 

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