La sveglia attendeva le otto.
Perché, quando ti alzi sempre presto al mattino, almeno nel tuo primo giorno di ferie, qualche ora nel tepore del letto è meritata. Quasi doverosa, dopo una settimana di lavoro così densa e intensa. La sera, dopo una cena aziendale che nemmeno Lucullo sul triclinio, era crollato davanti a un film che vent’anni prima lo avrebbe tenuto sulle spine. La trama era prevedibile, gli effetti speciali non stupivano e il crescendo musicale era stato placato dal telecomando, quel tanto che bastava per darsi degna sepoltura sotto la coperta del divano. Negli ultimi periodi, poi, avveniva sempre quella inattesa magia, in cui si addormentava in soggiorno e si risvegliava nel letto. Miracoli dei cinquant’anni compiuti da poco, ma sentiti tutti nel giro di pochi mesi.
La sveglia attendeva le otto. Lui era desto da due ore buone.
Allungò le gambe, come per stiracchiarle, sconfinando con i piedi dalla comfort zone del calduccio mattutino. Pazzo incosciente! Rischiare l’ibernazione con il gelo polare artico delle lenzuola più lontane. Batté in ritirata, posizione fetale, naso appena fuori le lenzuola.
L’idea era di puntare a un lento risveglio, una colazione leggera e alle nove e trenta, all’apertura dei negozi, sarebbe stato pronto per assolvere alla seconda più grande incombenza che si possa chiedere a un uomo. Scegliere dei regali.
O forse era la terza? Perché al primo posto c’era, incontrastato nella scala delle cattiverie umane, il rusco. La rumenta. La monnezza. Le scovazze. Indifferente il nome, l’immondizia. Che di solito compariva proprio quando doveva uscire ed era in ritardo, o tornava esausto da lavoro, palestra, conferenza sulla biomeccanica quantistica dei pipistrelli polacchi, o… Le immondizie, al primo posto. Al secondo… Aveva un dubbio, in effetti. Se la giocavano i regali e dove trascorrere le vacanze estive. In ogni caso, una scelta impegnativa, complessa, faticosa. Per le ferie, tutto sommato, si trattava di cercare il giusto equilibrio tra mille variabili ed esigenze. Insomma, una matrice di dati da mettere a fattore comune. Impegnativa, ma gestibile. Il regalo invece… Quello era cosa personale. Richiedeva memoria, sensibilità e attenzioni, che avrebbe dovuto avere durante l’anno. Empatia. Interesse. Appunti. Ecco cosa, appunti. Avrebbe dovuto prendere appunti per il Natale successivo. A decidere cosa fare in futuro, era bravissimo. Il problema era adesso, il ventitré dicembre, con zero idee, zero regali in mano e due figlie tra i sedici e i diciannove anni.
Che regalo desidera per Natale una teenager italiana tra i sedici e i diciannove anni?
Nessuno poteva saperlo. Nemmeno le teenager.
Doveva agire, doveva alzarsi e sfidare il freddo, la nebbia, le tempeste, se fosse stato necessario. Allungò la mano verso il comodino e avvicinò il telefono quel tanto per vedere la temperatura esterna e quel poco da non ricorrere agli occhiali da presbite.
Sei gradi. Beh, sei gradi… sei gradi sono tanti. Rispetto ad altre mattine dove il meno dominava imperioso davanti al centigrado, era quasi caldo. Doveva affrontare la realtà.
La sveglia attendeva le otto. Mancavano due minuti.
Altri cinque? Si immaginò tra la calca più compressa, disperato tra scaffali vuoti, volti trafelati e mani bramose degli ultimi possibili pacchetti regalo. Un Hulk con sentimenti da Grinch stava riemergendo in lui. No! Non sarebbe finita così! Adesso o mai più!
Si alzò, lavò e vestì così velocemente, che nemmeno nelle giornate di trasferta per lavoro. Colazione? Sì, ma rapida! Da bambino avrebbe mangiato caffellatte e biscotti. Da ragazzo due toast doppio formaggio e prosciutto. Da trentenne un uovo alla coque e pane tostato. Adesso, tre noci, un po’ di muesli bio con yogurt senza lattosio, tazza di tè deteinato, pillola vitamina C, pillola vitamina B, fermenti e dei grani suggeriti dall’erborista. Tutto decisamente meno invitante.
Che tristezza. Avrebbe preso un caffè al centro commerciale.
Si infilò in auto e trascorse quaranta secondi a osservare la luce intermittente del cancello che si apriva. Lento. Lento, che se avesse avuto fretta davvero, avrebbe beatificato tutti i produttori di cancelli elettrici. Ma in fin dei conti, perché agitarsi? Ma sì, era Natale, insomma. Un po’ di musica a tema, ecco, bastava accendere la radio… Notiziario. No, oggi no. Oggi non ci sarà la lista di quello che va male. Che poi, quando mai aveva avuto senso un notiziario? Era una lista di disgrazie scelte da qualcun altro tra migliaia, milioni di cattive notizie, che ogni giorno accadevano e per le quali lui non avrebbe potuto fare mai niente. Niente. O poco, molto poco.
Attese di nuovo, al semaforo, poca coda. Consolante.
Il tutto mentre negli stessi istanti accadevano cose splendide e gioiose. Perché non iniziavano il notiziario dicendo chi era nato il giorno prima? Una volta aveva letto una statistica. Diceva che ogni giorno nascevano duecentotrentasette mila bambini e morivano centoquaranta mila persone. Quindi la terra aveva ogni giorno novantasette mila persone in più. Che razza di calcolo. Quello che contava davvero era che ci fossero migliaia di nuove nascite, di persone con davanti una vita intera.
E tra pochi giorni, svoltò a sinistra verso il parcheggio sotterraneo del centro commerciale, avrebbero festeggiato una sola nascita, scambiandosi regali, parcheggiò non distante dalle scale, e a lui servivano dei regali. Doveva entrare nel flusso, lasciare scorrere. Con centonovanta negozi vuoi che non ci fosse ciò che ancora non sapeva di desiderare? Ottimismo, man, l’ottimismo è il sale della vita.
Last Christmas “…I gave you my hearth…”, risuonava accogliente dalle casse del centro.
La scala mobile lo fece assurgere al paradiso commerciale degli orchi assieme ad altri volonterosi, ignari dei complessi ingranaggi che li trasportavano verso un bip. La carta, il POS, il bip, il “Digiti il PIN, per cortesia.”
Era dentro.
Si aprì il cappotto di loden, guanti in tasca, sciarpa come stola liturgica e via a dispensare presenza davanti alle vetrine.
La domanda non era cambiata. Cosa regalare a due figlie over sedici e under venti? Alzò lo sguardo. Gioielleria. Neee. Gioiellino? Di nuovo? Già fatto in passato. Scartato. Negozio di telefonia. Già dotate, modelli recenti. E poi non ne erano così schiave. Beate loro. Procedere. Elettronica. Ecco, i padri regalano elettronica, si disse. Eh, un regalo tipico del papà. La mamma, quando mai ti arriva a casa con qualcosa di tecnologico? Dio, come si sentiva boomer inside.
Inutile giro elettronico. Lavatrici, asciugacapelli, casse, computer, tv e tutte quelle scatole e scatoline varie, cuffie orologi digitali collegati al telefono… Cosa? Costavano più del telefono? Ma siamo matti? E poi cosa se ne facevano? Non lavoravano, non dovevano controllare le pulsazioni ogni due per tre, non vivevano attaccate alle mail o alle previsioni del tempo. Erano giovani! E che diamine! Via, fuori, uscire, non guardarmi così guardiano del Gate degli antitaccheggio, che anche se ho le mani in tasca e non ho comprato nulla, di solito non rubo. Di certo oggetti. A volte idee. Se meritano. Sorridimi! Non hai apprezzato la battuta? Non l’aveva proprio sentita.
Si metteva male.
Procedere. Passi lunghi e ben distesi.
Libreria. Ma dai, cosa, altri libri? Manco sapeva le ultime letture che avevano fatto. E poi che libri? Libri è un pianeta. Poi già pieno di gente. Ma chi compra tutti ‘sti libri, se poi non li legge nessuno?
Vestiti. Ultima spiaggia. Che taglie? M sopra, S sotto, o era S sopra e M sotto? E che numero sotto? Ma non potevano fare cose più semplici? No vestiti mai!
Zona casa. Esclusa. Profumeria… Profumeria… Interessante, profumeria. Bel regalo, carino, in caso di errore scontrino di cortesia. Sì! I gotcha! Profumo!
Si avvicinò alla vetrina, rallentando il passo fino a fermarsi davanti a un cartonato dal volto perfetto, labbra lucenti e occhi profondi. Modella. Bella già di suo, ritoccata in Photoshop, un capolavoro. Profumarsi per uscire. Le amiche. I morosi.
E lì, per la prima volta nella sua vita, si rese conto di avere un concorrente.
Due.
Uno per figlia.
Capaci di essersi scervellati per un mese, di aver chiesto consulto alle amiche, ai genitori, alle madri… Le madri! Ecco chi! Le madri dei morosi erano pericolosissime. Istruite, competenti, magari delicate osservatrici del comportamento. E si saranno confrontate con le amiche, magari madri di altre compagne di scuola. Era un complotto. Un complotto ordito contro i poveri padri implumi davanti a chi sapeva riconoscere i denari delle calze, figurarsi le essenze, i tipi di profumi, i veri trend del mercato cosmetico.
Un passo indietro.
Girare con aria indifferente. Piccoli passi verso il mondo dell’abbigliamento, il terrore di qualsiasi papà.
Era così facile una volta. Bastava un negozio di giocattoli e si poteva lasciare lì mezzo stipendio in allegria. Erano così belli i negozi di giocattoli, con la merce esposta fino al soffitto. Che soddisfazione poi vederle scartare, emozionatissime. E l’attesa, la vigilia, gli indizi su Babbo Natale, le musiche, la finestra aperta dopo aver trangugiato di nascosto biscotti e latte freddo, garantendo il blocco digestivo della cena appena conclusa. Che ricordi.
Procedere! Sii uomo! Lascia le nostalgiche rimembranze ai tuoi cantautori preferiti. Combatti!
Negozio di intimo. Lascia stare. No, aspetta. Pigiami! Pigiami e calzettoni! Ah, luce all’orizzonte, luogo di pace, beatitudine. Una spiaggia soleggiata in mezzo alla tempesta dell’ignoranza. Un pigiama o è grande, o è piccolo. Ma basta dire l’altezza e le dimensioni della figlia ed è fatta!
Entrò con aria spavalda, subito placato dalla coda di persone. Una commessa sola. Come una sola? E l’altra? Non sono sempre in due? Almeno, con migliaia di acquirenti. Attesa. Ascolto.
Madre, padre, figlia dodicenne, o giù di lì. La madre una arpia di rara fattura. Una Crudelia Demon dopo una vita di dolciumi mangiati di nascosto. Alla figlia «Vuoi anche le mutande dello stesso colore? Sì? Dai, dalle una small che tanto quella non ingrassa!» Al marito «Davvero vuoi prenderti quei boxer ridicoli? Contento tu, poi non so quando li metterai… Comunque non una M, una L, ti ho sempre preso una L, cosa dici alla commessa M? Dove la metti? No, signorina, no, una L, non perdiamo tempo! Noi ti aspettiamo fuori, paga e fatti dare lo scontrino, che se non ti va bene anche la L, la cambiamo!».
Perché alcune persone si imbruttiscono così? Stava già per scivolare tra l’unto dei luoghi comuni, quando si accorse di un uomo davanti a lui. Si muoveva con fare furtivo, parlando sottovoce alla giovane sales assistant. «Quello lì, sul manichino. Sì, quello, no, quell’altro dove si vede tutto, ma più grande. Più grande sopra. No, sotto no. Sopra sì… No, non so quanto. Ma… Non capisco come si infila… Beh, certo, non è per me, capirà lei come fare…».
Beh, bello vedere uno che festeggia il capodanno in anticipo, gli venne in mente di dire. Si trattenne, Per fortuna, pensò, perché un attimo dopo all’uomo sfuggì un «E poi quelli, quei calzettoni vanno bene per mia moglie.»
Chissà se anche quella moglie era un’arpia modello Crudelia.
La varietà del mondo. Il varietà del mondo.
Nuova commessa in arrivo, trafelata, piena di pacchetti in mano. Gli si parò davanti con un: «posso essere utile?».
Pigiama, ragazza, età, altezza, corporatura. Quelli spiritosi. Diversi. Bene. Dubbio, troppo poco? Anche quei calzettoni. E le vestaglie, mettono le vestaglie? No eh. E quel maglione? Cosa ci fa un maglione in un negozio di intimo? «Mi dia anche i maglioni. Grazie.».
Uscì con un dubbio. E se aveva sbagliato? E se si aspettavano qualcosa di più importante? Di più “donna e meno bambina?”
Profumeria! Grandi passi di ritorno. «Senta, buongiorno, due profumi per ragazze, età, interessi, gusti artistici. Non so altro.» Commessa divertita. Lui meno. C’era poco da ridere. C’era il rischio concorrenza con morosi. Accipicchia alle mamme dei morosi! «Sì, due pacchetti, grazie.»
Uscì, pochi passi soddisfatti, poi un dubbio. Un altro.
E se davvero fosse stato lo stesso regalo dei morosi? Che figura ci faceva?
No, doveva essere qualcosa di più importante. Sì, dai, in fin dei conti, se lo meritavano. Erano due capolavori di figlie. Un orologio a testa di quelli digitali e amen. Avrebbe risparmiato su altro. Gli sarebbe bastato restare al buio a casa per una settimana e con le bollette che arrivavano, avrebbe coperto la spesa.
Quando uscì dal negozio di elettronica aveva la faccia beata di chi ce l’aveva fatta.
Si immaginava già il giorno di Natale, l’apertura dei regali, le figlie gaudenti.
Poteva andare. Missione compiuta. Negozio di dolciumi. Cioccolatini. Sì, dai, giusto due pacchetti da mettere attaccati alle scatoline degli orologi, così, per dare un tocco di dolcezza. Presi.
Un uomo appagato. Soddisfatto. Fiero di sé. Felice. Basta poco, pensò. La cattedrale del consumismo aveva dispensato la sua benedizione. Era un uomo libero. Libero dai dubbi, dalle preoccupazioni di inadeguatezza, da tutto. Libero!
Ridiscese nel sotterraneo, salì in auto, partì verso casa, musica di Natale a palla.
Prese a cantare tutto allegro.
Poco dopo, una selva di bip dai messaggi delle figlie. Chiamate perse: sette.
Un messaggio vocale: «Papotto ciao! Ti stiamo cercando tutta la mattina. Ma dove sei? Volevamo avvisarti che stiamo andando in montagna con gli amici, è il primo Natale che passiamo in baita tutti assieme, sai, come nel video di Last Christmas? Ecco, bellissimo! Siamo contentissime! Non serve che ci porti su, vengono le mamme dei morosi a portarci e a prenderci. Ma torniamo il ventisette, così ti diamo il nostro regalo. Un baciotto al nostro papotto! E comunque, non servono regali, ormai. Papi, siamo grandi. Casomai ci sponsorizzerai un viaggio, vero? Grazie, papotto, un baciotto!»
L’auto scorreva nel traffico natalizio. Sul parabrezza qualche timido fiocco di neve. Gli amici, certo. I morosi, certo. Last Christmas, certo. Aveva due figlie cui più di tanto non interessava possedere oggetti. Un bel passo in avanti, rispetto all’epoca in cui era cresciuto lui.
Spense la radio alle prime note musicali. Di nuovo gli Wham, con Last Christmas.
Il Natale era altro, si disse.
Doveva prendere appunti.
«Ehi SIRI, ricordami tra un anno di non sprecare tempo a cercare regali. Chi ami, vuole altro.»
L’assistente vocale risposte: hai già un appuntamento il prossimo anno alla stessa ora, vuoi salvare lo stesso?»
Che razza di appuntamento poteva aver preso per il dicembre del prossimo anno?
«SIRI, che appuntamento ho tra un anno?»
«Ventitré dicembre, appuntamento per tutta la giornata: ricordami di non sprecare tempo a cercare regali.»
«E quando lo avrei scritto?»
«Il ventitré dicembre dello scorso anno.»
Aveva sbagliato anno. Il resto era corretto.
«Ehi SIRI, chiama babbo.»
SIRI compose il numero.
«Pronto? Babbo? Avete già pranzato? Se passo, mi offri il caffè? Sì? Okey, porto un po’ di cioccolatini, ma andateci piano, che ormai siete vecchietti.»