La digitalizzazione: vivere, o essere?

La digitalizzazione lascia la sensazione di una intuizione che ti sfugge, come una saetta che sta per cadere alle spalle: quando ti volterai per vederla, sarà troppo tardi.

La digitalizzazione è veloce, è continua, è inarrestabile. Con uno slancio di romanticismo, potrebbe sembrare un bimbo che impara a camminare. Cade, si rialza, ricade, si rialza.

Perché trova un signor ostacolo sulla propria strada, comunemente noto come Umana Natura. Una sorta di forma mentis da cui staccarsi non sarà facile nemmeno per le ultime generazioni digitali e che temo abbia a che vedere con ciò che inficia la logica ideale, ma ci arriveremo.

La domanda è: vivere il digitale, o esserne vissuti?

Cinema, periodo natalizio. Non sai se prenotare o meno, perché negli ultimi periodi tra influenze e imprevisti, hai deciso “intanto andiamo al cinema, poi si vedrà chi vuoi che ci sia?”. L’Italia. Intera. Più qualche nazione confinante. Tutti al cinema.

Inizio del film ore 17:10. Sono le 17:02 e la lunga coda incanalata tra paletti e striscioline ondeggianti, prevede esaurimento posti entro poco, pochissimo.

Vuoi la sfida? E digitale sia! Estrai dalla fondina il tuo iPhone più aggiornato di sempre, esci dalla rete wifi del centro commerciale, lenta e intasata, c’è il 4G desto e pronto, cerchi tra le due 200 app scaricate e trovi quella della catena del cinema. Georeferenziata, sa dirti dove sono, elenco film di oggi, orario, mostra sala. Pronto a prenotare i posti rimanenti, sono le 17:04. Non funziona! No, aspetta, non è che non funzioni, è che prevede che si possano prenotare solo “posti adiacenti”. Adiacenti a posti già prenotati da altri, non da te. Questo non è spiegato. Quindi pigi con insistenza perché sei legato al concetto di famiglia. Non pensi che “adiacente” sia l’altro, diverso da te. Nella app del cinema sei un numero cardinale, non ordinale. 17:06, quindi? Prenoti i posti adiacenti. Paghi con Paypal, ti appare il biglietto, lo salvi nel wallet di Apple, ti presenti all’addetto armato di pistola per lettura codice a barre. Sono le 17:10.

Il giovane addetto nota che la pistola non legge il codice, riconosce però l’azzurrino del biglietto sul display del tuo iPhone e tenta inutilmente di intravedere i numerini con i posti assegnati. Si fida e ti fa passare avanti. Hai evitato la fila, hai i tuoi posti prenotati, sei seduto, hai vissuto il tuo momento digitale. Inizia il prefilm. No, non guardare lo schermo, guarda avanti a te. Venti minuti buoni di litigi tra le prime file, le ultime assegnate, quelle quando il torcicollo è incluso nel prezzo, dove decine di persone si stanno “scornando” perché hanno numeri identici. Com’è possibile?

Come funziona la digitalizzazione?

Tecnologicamente ho circa sessanta informatici alle spalle pronti a darmi una risposta digitale. Io vorrei una risposta sociale, perché la digitalizzazione è relazione, è rapporto. Perché mi sono affidato al digitale come a un amico, alla tecnologia che semplifica, che agevola, che risolve, che continua a scontrarsi con l’imprevedibilità e con l’umana natura. Umana Natura che nelle prime file aveva portato persone a prenotare un posto per poi cambiarlo, “casomai ci spostiamo”; il ragazzo in ingresso a confermare i biglietti senza riuscire a leggere i posti; le comitive a non accettare di stare sedute distanti tra loro al coro “la fila è tutta nostra”; le mamme a spostare i figli perché altri starnutivano… Come la chiameresti se non umana natura?

Posso trasformare ogni possibile reazione dell’umana natura in una funzione con delle variabili?

I miei circa sessanta informatici alle spalle direbbero che potenzialmente sì, che anzi, l’intelligenza artificiale, può andare oltre l’umana natura. Ma io sto vivendo il digitale, non voglio esserne vissuto. Qual è il mio punto di equilibrio?

Ore 19:35, bel film, ceniamo nel centro commerciale dotato di 15 ristoranti diversi per 15 sistemi di cassa e di vendita diversi. Tutto collegato, ma tutto separato.

Un simpatico cartoncino al tavolo suggerisce: “scarica la app per pagare direttamente dal telefono!” Come funziona? Il cameriere ti darà un codice (scritto a penna, su un altro cartoncino) e vedrai tutto il tuo conto da pagare.

Prosegui con il pagamento digitale.

Tra la derisione dei commensali mi fido, adesso non mi affido più; eseguo quanto suggerito dal cartoncino: scarico la app e la configuro. Sei minuti della mia cena per inserire tutti i dati richiesti, ma alla fine, chiedo il codice incurante del puro dileggio del resto della tavolata. Mi affido al digitale, carico il codice. Paypal? Niente Paypal; inserisci a manina i dati della carta di credito. Visto che ci sei, copia i dati della carta di credito senza verificare i numeri inseriti, perché per la tua privacy, saranno nascoste le cifre che digiterai. Tutte.

Insisto. Per me, per noi, per il digitale, per i sessanta informatici pronti a dire “chi ha progettato le funzionalità non ha tenuto conto che…” Quando termino, si presenta il problema: non accetta il pin della carta. Peccato che la mia carta abbia un pin a 5 cifre e non a 4 come prevede il sistema. Mi alzo, per ultimo ovviamente, il locale si è quasi svuotato. Vado in cassa e pago in contanti, meno di 10 secondi e ho il resto in monetine nella tasca. Odio le monetine.

ore 23:55 osservo il monitor del mio computer e mi pongo la seconda domanda: è sempre l’umana natura? Quella che non è in grado di semplificare la logica digitale? O la logica digitale non è la logica dell’umana natura? Quella che non supera gli ostacoli, ma li aggira dimostrando che le scorciatoie non sono mai soluzioni reali?

La sensazione, ma non è solo una sensazione, che il digitale sia proprio un bimbo.

Un bimbo al quale spiegano come salire i gradini. Solo che la logica di chi gli da spiegazioni, spesso non coincide con la logica della natura umana. Con il rischio di farci vivere dal digitale, invece di essere noi a vivere lui.

La digitalizzazione parte da un presupposto, la precisione. Eppure nel raggiungere la precisione, vi sono molteplici strade. Ciò che per un informatico è assolutamente logico, può essere assoluta follia per chi poi vive, agisce, opera quelle funzionalità nel quotidiano. Più informazioni noi diamo ai sistemi digitali, più questi potranno apprendere. Certo. Ma più informazioni noi diamo a chi progetta questi sistemi, più sarà facile trovare familiare la logica che questi sistemi utilizzano. Al di là delle ingenuità che siamo capaci di cogliere ogni giorno, al di là dell’ironia di quanto sopra descritto, c’è una forte necessità di coniugare Natura Umana e Logica Digitale. Perché dal momento in cui il mondo digitale si permetterà di diventare parte integrante della società e non è più una tastiera con un monitor davanti, allora il digitale dovrà tenere conto di ciò che veramente siamo e non solo di ciò che idealmente vorremmo essere.

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